Crocevia di numerosi sentieri tra le valli Scrivia, Trebbia e Borbera, la vetta del Monte Antola (1597 m) rappresenta un importante nodo nella rete escursionistica dell’Appennino Ligure. Il vicino Rifugio Parco Antola, base ideale per gli escursionisti, rappresenta anche il punti di partenza per un itinerario ad anello che attraversa uno degli ambienti di maggior interesse dell’area protetta.
Presso il pannello descrittivo si guadagna quota in direzione della vetta, seguendo l’itinerario che sale da Torriglia (segnavia due cerchi gialli pieni). Procedendo verso nord, si arriva al pianoro dove sorgono l’antico rifugio Bensa, ormai in disuso, e la chiesetta di S. Pietro. Nei mesi primaverili ed estivi l’elevato grado di biodiversità dell’area si manifesta con il susseguirsi di bellissime fioriture. Una così ricca varietà floristica giustifica anche l’elevata concentrazione di insetti che nei lepidotteri vedono la loro rappresentanza più incantevole.
Dalla vetta del Monte Antola si procede in direzione sud-est imboccando il sentiero indicato con tre pallini gialli. Si scende lungo il versante che sovrasta gli abitati di Caprile e Bavastrelli fino a raggiungere un punto panoramico sulla Valle del Brugneto e l’estremità settentrionale del lago.
Osservando il paesaggio appare sempre più evidente l’alternanza fra ampie zone prative e lembi di bosco: molti animali selvatici trovano qui un habitat ideale. Fra gli ungulati, non è raro imbattersi in qualche bell’esemplare di daino e, con un po’ di fortuna, nel più elusivo capriolo. Proseguendo il sentiero si immette in una più ampia carrareccia proveniente da Caprile. Si svolta a destra e si avanza fino a incontrare l’itinerario che da Bavastrelli conduce all’Antola: si imbocca quest’ultimo, addentrandosi in una faggeta (segnavia “Anello del Rifugio” tre pallini gialli).
L’itinerario giunge a una sella, crocevia di diversi itinerari: qui si uniscono il sentiero che risale da Piancassina e Lavazzuoli (segnavia croce gialla) e quello proveniente da Torriglia (due palle gialle). Si segue dunque l’indicazione per la vetta, scoprendo che l’itinerario rivela alcuni siti di interesse storico-ambientale.
La campagna di studi effettuata dal Laboratorio di Archeologia e Storia Ambientale dell’Università di Genova, ha, infatti, identificato due neviere, utilizzate nell’800 per rifornire di neve e ghiaccio la città di Genova. Dopo aver dedicato alcuni minuti all’osservazione di questi siti, si può riprendere il cammino e raggiungere in breve il Rifugio.
La struttura, che per forma e volumi ricalca le antiche architetture della Val Trebbia, coniuga la spartanità tipica dei rifugi alpini con le più moderne tecnologie a tutela dell’ambiente ed è stata progettata in modo tale da risultare totalmente indipendente sotto il profilo energetico e idrico, puntando alla riduzione degli sprechi e all’impiego di energie rinnovabili. Primo esempio in Liguria tra i rifugi alpini, è infatti dotato di pannelli solari fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, di una caldaia a legna per un parziale riscaldamento degli ambienti e di un impianto idrico che sfrutta le acque di una vicina sorgente e prevede la raccolta e il recupero dell’acqua piovana. Polo di eccellenza per le attività di educazione ambientale promosse dall’Ente Parco, il rifugio potrà ospitare fino a 30 persone per offrire soggiorni di uno o più giorni anche alle scolaresche.